top of page
  • Immagine del redattoreredazione

Voci immaginarie dalla Seconda rivoluzione industriale

Carissimo Francis,


ti scrivo con l’intenzione di renderti partecipe del grande cambiamento che sta avvenendo in questo periodo a Londra e in molte altre città.

Come ben saprai, fino a due anni fa ero un contadino, proprio come te. Lavoravo nella mia piccola porzione di terra, quando un giorno mi svegliai e vidi un sottile velo grigio chiaro che avvolgeva tutta la campagna e oscurava la vista in lontananza. Sembrava nebbia, ma era più densa e grigia. Quando uscii e respirai profondamente, mi accorsi subito che l’aria era strana, indescrivibile, come quando, dopo aver raccolto il grano, bruci gli scarti e si forma una grossa nuvola di fumo che, se respirato, provoca effetti sgradevoli come la tosse. Una volta realizzato che si trattava di fumo, pensai subito che qualcosa stesse andando a fuoco, ma non vidi niente.

Qualche giorno dopo arrivarono a casa mia due strani signori ben vestiti, apparentemente di un alto ceto sociale. Questi mi avvertirono che la mia proprietà doveva essere espropriata. Io mi infuriai, ma uno dei due tirò fuori un lustro foglio di carta bianca che recitava:


“Gentile Signor Harway,

lei e la sua famiglia, se ne ha una, dovrete abbandonare questa terra e trasferirvi nell’appartamento (già pagato) di Hillan Street - 26 a Londra.

Cordiali saluti,

Himberl”.


Vista la lettera, preparai le valigie e salii sulla carrozza di questi due signori che mi scortarono fino a Londra. Appena arrivato, non potei fare a meno di notare dei grossi palazzi dai quali usciva un fumo grigiastro. Solo lì realizzai che quel “velo” che avvolgeva casa mia era prodotto da questi edifici: le fabbriche. Nella città era tutto fantastico: c’erano enormi palazzi di pietra, industrie, treni e biciclette. Il fumo di cui ti ho parlato non se ne andava mai e rendeva irrespirabile l’aria, infatti molta gente camminava per strada tossendo, con dei fazzoletti davanti alla bocca.


photo credit: Raphael Roth on Unsplash

Ma torniamo ad oggi. Le fabbriche stanno cambiando: prima l’energia proveniva tutta dal carbone, ora si comincia ad utilizzare un fluido scuro e infiammabile chiamato “petrolio”. Essendo liquido è più facile da trasportare, ma è anche molto più pericoloso.

Questa è un’epoca piena di scoperte, come l'elettricità, i prototipi di carrozze che avanzano senza cavalli (li chiamano automobili) e molte altre invenzioni, ma la vita è dura per chi fa l’operaio.

Io ho trovato un lavoro nella fabbrica di scarpe di Histon Wellis, una piccola marca londinese di calzature. Qui dobbiamo lavorare per dieci ore e veniamo pagati solo una sterlina al giorno. Come se non bastasse, una volta ho lavorato dodici ore anziché le solite dieci, per poter pagare l’affitto dell’appartamento, ma a fine giornata ho ricevuto lo stesso stipendio di una sterlina! Infuriato, ho chiesto spiegazioni e mi è stato riferito che sì, avevo lavorato di più, ma avevo pur sempre lavorato con le macchine dell’azienda, quindi il ricavato in più spettava al capo azienda. Questa parte viene chiamata “plusvalore”… un’assurdità, per quanto mi riguarda.

Spesso dopo il lavoro ti rimane sulle mani una sporcizia unta, fastidiosa, di colore nero. Se non la lavi via e tocchi qualcosa, lo macchi… e stai certo che da lì quella macchia non la levi più! Come se non bastasse, l’acqua calda a volte scorre di un arancione ruggine e non so quanto possa essere conveniente lavarsi con quella.

Ah, quasi dimenticavo, a Londra c’è un certo Karl Marx che sta fondando un “partito” che prende la difesa degli operai e fa altre azioni che non ho ben capito… mi informerò. Karl è molto determinato ed è disposto ad arrivare a usare le armi pur di difendere le sue idee. Insomma: la mia nuova vita in città ha i suoi pregi e i suoi difetti, ma di certo non mancano le novità!

Stammi bene,

tuo John Harway

bottom of page